Le piante del Parco

Il Parco sorge su un uliveto abbandonato colpito dall’incendio del settembre 2018. La sua vegetazione attuale è frutto della ricolonizzazione spontanea e degli interventi mirati attuati dai volontari dello Sportello di Agroecologia di Calci.

A PROVA D’INCENDIO
Gli incendi, principalmente di natura antropica, sono stati e continuano a essere tra i principali fattori di disturbo ecologico sul Monte Pisano; è stato stimato che dagli anni ‘70 a oggi solo circa il 10% della superficie del Monte Pisano non è stata colpita dal passaggio del fuoco. Gli incendi hanno talmente condizionato l’aspetto del Monte che molte formazioni vegetazionali attuali si sono proprio evolute sotto la spinta selettiva del fuoco e in esse dominano le specie PIROFITE, cioè quelle in grado di resistere al fuoco o addirittura di avvantaggiarsene. Molte di esse sono anche più o meno acidofile, cioè amanti dei suoli acidi come quelli che si sviluppano in seguito a un incendio.

IL BOSCHETTO
Nella parte alta del Parco è presente un boschetto costituito da sughere (Quercus suber L.) (nelle foto). Per incrementare la superficie boschiva, a partire dall’autunno 2021, sono state messe a dimora anche altre sughere, lecci (Quercus ilex L.), roverelle (Quercus pubescens Willd.) e corbezzoli (Arbutus unedo L.). Le tre specie di querce sono quelle che caratterizzano i terreni più assolati del Monte Pisano. In particolare, la sughera è una specie stenomediterranea sempreverde tipica della macchia e una pirofita che, grazie allo spesso strato isolante di sughero, possiede la straordinaria capacità di ricaccio aereo in caso di incendio alla chioma.

LA MACCHIA
Dopo l’incendio, sono ricresciute spontaneamente varie specie arbustive rustiche tipiche della macchia quali l’erica arborea (Erica arborea L.), il mirto (Myrtus communis L.), il cisto femmina (Cistus salviifolius L.), la fillirea latifoglia (Phyllirea latifolia L.) e l’asparago pungente (Asparagus acutifolius L.); e si è notevolmente diffuso l’alloro (Laurus nobilis L.), molto probabilmente introdotto dall’uomo in passato nella proprietà.
Tra queste specie vi sono alcune importanti pirofite che hanno contribuito anche alla ricolonizzazione di altre aree del Monte Pisano colpite dagli incendi: i cisti producono molti semi che aumentano notevolmente la germinabilità se sottoposti al calore del fuoco; le eriche si rigenerano a partire dalle parti sotterranee, anche se quelle esterne sono completamente bruciate e gli asparagi riescono presto a ricacciare nuovi fusti dopo un incendio, grazie ai rizomi ben protetti sottoterra.

Tutte queste specie hanno invaso l’uliveto abbandonato creando così un ambiente molto variegato a cui sono state aggiunte, nell’inverno 2023, altre specie rustiche tipiche degli ambienti di macchia del Monte Pisano, al fine di aumentare la biodiversità e recuperare alcuni angoli danneggiati dall’incendio. Sono state introdotte la lavanda selvatica (Lavandula stoechas L.), le rose selvatiche (Rosa sempervirens L. e Rosa canina L.), il cisto rosso (Cistus creticus L. subsp. eriocephalus (Viv.) Greuter & Burdet), il caprifoglio mediterraneo (Lonicera implexa Aiton) e tre importanti leguminose (famiglia Fabaceae) azotofissatrici: la ginestra comune (Spartium junceum L.), il citiso scopario (Cytisus scoparius (L.) Link) e il citiso villoso (Cytisus villosus Pourr.).

I ROVAI
I grovigli inestricabili di rovo comune (Rubus ulmifolius Schott) sono stati contenuti e limitati alle fasce di confine con i terreni circostanti, insieme allo stracciabraghe (Smilax aspera L.), altro rampicante tipico dei terreni abbandonati. Non abbiamo ritenuto opportuno eliminarli totalmente anche perché queste piante producono frutti appetibili per molte specie di animali e, inoltre, formano ambienti intricati che offrono un buon rifugio per varie specie di uccelli e di altri piccoli animali.

I MURETTI A SECCO
I muretti a secco sono gli ambienti ideali per assistere alla successione delle specie pioniere. I primi colonizzatori sono sempre i licheni, straordinari esempi di simbiosi tra un fungo e piccolissimi organismi autotrofi (alghe o cianobatteri), sono capaci di fissarsi a qualsiasi tipo di substrato inclusi i metalli e le rocce nude. Seguono i muschi (briofite), piante molto semplici e poco esigenti, poi le felci (pteridofite) e le piante con fiori (angiosperme). Sia i licheni sia i muschi sono in grado di superare lunghi periodi di siccità perdendo gran parte dell’acqua che hanno, grazie a una strategia di sopravvivenza definita anidrobiosi.
Sui muretti del Parco sono presenti le felci dolci (genere Polypodium), altre piccole felci appartenenti al genere Asplenium e varie piante con fiori adattate agli ambienti rocciosi tra cui la fumaria comune (Fumaria officinalis L.) e due vere e proprie piante grasse* appartenenti alla famiglia Crassulaceae: l’ombelico di Venere (Umbilicus rupestris (Salisb.) Dandy) e la borracina cinerea (Sedum dasyphyllum L.).

*Le piante grasse, o più correttamente succulenti, sono quelle piante dotate di particolari tessuti chiamati parenchimi acquiferi che consentono loro di immagazzinare grandi quantità di acqua come strategia per sopravvivere in ambienti aridi.

L’ULIVETO
L’ulivo (Olea europaea L.) è la pianta mediterranea per eccellenza! L’area mediterranea è proprio definita in base a dove cresce l’ulivo. In Italia l’ulivo è stato coltivato per il prezioso olio fin dall’epoca etrusca (VII – Vi secolo a C.) e oggi è ampiamente diffuso nelle zone collinari tanto da essere diventato un elemento caratteristico del paesaggio.
Sul Monte Pisano gli uliveti hanno un impianto a sistema terrazzato e occupano gran parte della zona bassa dalla fascia pedemontana fino a circa di 300-350 m s.l.m..
Nella fascia pedemontana sono presenti gli oliveti più antichi e, infatti, qui si notano le piante più grosse; mentre verso l’alto sono presenti gli impianti più recenti con piante di dimensioni minori. Gli impianti non sono stati realizzati con innesti, bensì anticamente con talee autoctone e più recentemente con oguli, cioè ulivi provenienti da vivai; ne è la prova il fatto che dopo ogni incendio ricacciano dalle ceppaie le stesse qualità distrutte dal fuoco.
La cultivar prevalente è il frantoio intercalata da sporadiche piante di moraiolo e, negli uliveti più antichi, di trillo, due cultivar inserite per l’impollinazione. Nei rari uliveti di pianura più recenti sono state inserite anche piante di leccino che sono più resistenti all’umidità.
L’alta qualità dell’olio che si ricava da questi ulivi è la chiara dimostrazione di quanto siano corrette le scelte agroecologiche compiute sugli impianti del Monte Pisano!Gli ulivi del Parco, dopo essere stati colpiti dall’incendio del settembre 2018, stanno ricacciando dalle ceppaie mantenendo le stesse identiche qualità dell’antico impiantoa dimostrazione della straordinaria resistenza di queste piante ai ripetuti passaggi di fuoco. Gli ulivi del Parco sono stati sfoltiti, spollonati, potati e distanziati al fine di ripristinare le caratteristiche di un uliveto produttivo. In foto un esempio di un ulivo prima e dopo la pulitura.

IL PRATO
Il prato del Parco è tagliato solo due volte l’anno, a maggio e a settembre, secondo i principi dell’Agroecologia, in modo tale da tutelare la biodiversità vegetale e animale, in particolare quella degli insetti impollinatori che trovano nell’ambiente prato un luogo ideale per ripararsi, nutrirsi e riprodursi; inoltre alcune fasce laterali sono lasciate crescere in modo completamente spontaneo per garantire la fioritura di tutte le specie erbacee presenti.
Il prato del Parco presenta, come tutti i prati del Monte Pisano, numerose specie erbacee appartenenti principalmente alle seguenti famiglie: Fabaceae (leguminose), Poaceae (graminacee), Asteraceae (composite) e Apiaceae (umbellifere), che, dopo l’incendio, hanno ricolonizzato rapidamente il terreno percorso dal fuoco.
In particolare si sono diffuse alcune specie tipiche dei terreni abbandonati: l’inula vischiosa (Dittrichia viscosa (L.) Greuter), l’erba morella (Solanum nigrum L.), il tasso barbasso (Verbascum thapsus L.), la scarlina (Galactites tomentosus Moench), il cardo asinino (Cirsium vulgare (Savi) Ten.), il crisantemo campestre (Glebionis segetum (L.) Fourr. ), la camomilla dei tintori (Cota tinctoria (L.) J. Gay), la fumaria comune (Fumaria officinalis L.), il papavero comune (Papaver rhoeas L.), il papavero setoloso (Papaver setigerum DC. ) e gli ombrellini pugliesi (Tordylium apulum L.).
Molto importante è stata la ripresa delle leguminose, rappresentate nel Parco da specie quali il trifoglio del Calvario (Medicago arabica (L.) Huds.) e il trifoglio campestre (Trifolium campestre Schreb), perché, essendo azotofissatrici, sono in grado di colonizzare anche terreni poveri e di arricchirli di azoto, rendendoli così adatti alla colonizzazione anche da parte di altre specie di piante.

I COLORI DEL PARCO
Uno degli aspetti più suggestivi del Parco è quello di cambiare colore durante l’anno.
Le specie sempreverdi, quali l’alloro, l’olivo, la sughera, l’erica scoparia e i cisti, garantiscono macchie di verde tutto l’anno, a cui si aggiungono i colori delle varie fioriture che iniziano a fine inverno con i bianchi e profumatissimi fiori dell’erica scoparia. In primavera spiccano i gialli del crisantemo campestre, della camomilla dei tintori, della ginestra e dei citisi; le varie tonalità di bianco del cisto femmina e delle rose, il fucsia della scarlina, il violetto della lavanda selvatica, il rosso del papavero comune e il rosa del grande papavero setoloso e del cisto rosso.
In estate restano molti fiori gialli, a cui si aggiungono il violetto del cardo asinino e l’oro delle graminacee ormai secche.
Al termine dell’estate inizia anche la fioritura gialla dell’inula vischiosa che si protrae fino a novembre, costituendo così un’importante fonte di cibo per le api in un periodo in cui i fiori iniziano a scarseggiare.
L’inverno, invece, è ravvivato dai rossi delle bacche dello stracciabraghe e del corbezzolo e dai falsi frutti (detti cinorrodi) delle rose.


Approfondimento: la vegetazione del Monte Pisano.


Sitografia
https://www.actaplantarum.org/
Bibliografia
S. Sorbi & P. Scaglia (2019) “I tesori del Monte Pisano II. Le piante e i funghi” Pacini Editore, Pisa.