Facing Fire, progetto dell’Università di Firenze – intervista a Fabio Casella

Technical information:
Date: 5 September 2022
Duration: 60 minutes
Location: Online - Google Meet
Interviewee: Fabio Casella (Sportello agroecologia Calci)
Interviewer: Giulia Biagi, Daniele Celestini, Andrea Cosco (Studenti Scienze dell'Educazione e Formazione e Scienze Forestali e Ambientali)

Giulia Biagi
Domande introduttive

– Chi è la vostra organizzazione (tipologia e membri)?

La nostra organizzazione ha moltissime professionalità. Si va dal singolo agricoltore che conosce benissimo il territorio a livello personale (persone anziane che hanno vissuto che hanno coltivato il territorio) a professori universitari che hanno studiato tutta la vita l’agroecologia. Abbiamo tutta una fascia di associati che pratica la manutenzione del territorio. L’analisi delle pratiche che pur non essendo scritte hanno dato nei secoli a questo territorio le sue caratteristiche, è fondamentale per il suo mantenimento e quindi i depositari di questi saperi sono preziosi per l’associazione e per il territorio di cui essa si occupa.

– Quali sono le attività che svolgete?

Noi principalmente svolgiamo delle attività che sono di divulgazione delle conoscenze territoriali cioè di quelle conoscenze che non troviamo scritte nei libri ma che sono alla base di una corretta manutenzione di questo territorio, conoscenze che purtroppo stiamo perdendo.

– Quale impegno ha l’organizzazione nei confronti della prevenzione degli incendi?

Allora noi facciamo dei seminari, che purtroppo durante il covid abbiamo dovuto fare online, per indicare alle persone che vogliono vivere su questo territorio del Monte Pisano e che vogliono portare avanti una sua corretta gestione. Facciamo anche, sia dei seminari sulla prevenzione degli incendi che, soprattutto , dei seminari su come si riduce il rischio derivato dagli incendi con la prevenzione. Il rischio diretto di un incendio è un rischio enorme però con una buona programmazione possiamo anche evitare il pericolo per le persone tant’è che nel 2018, grazie ai piani di protezione civile che sono stati fatti, nessuno si è fatto un graffio nonostante la violenza e la velocità di propagazione di questo incendio e i danni che ha fatto. Ma il rischio derivato noi ce lo portiamo dietro per anni, cioè i rischi derivanti dall’erosione, dalle alluvioni successive all’incendio. Stiamo infatti preparando in questi giorni un ulteriore seminario (in presenza stavolta) sulle dimostrazioni di come si mantiene tutta la parte idraulica necessaria ad evitare che il rischio derivato dall’incendio (mancanza della vegetazione che rallenta e mantiene l’acqua) per evitare sia il rischio agricolo per le coltivazioni terrazzate dell’olivo sia il rischio civile per le popolazione a valle. Quindi una parte del lavoro che stiamo facendo è anche quello di dimostrare come va mantenuto un certo territorio perché sia sicuro, sia per evitare l’incendio sia per evitare il rischio derivato.

Andrea Cosco
Pratiche di gestione

– Quali sono le attività che l’organizzazione porta avanti nella gestione delle risorse boschive e/o prevenzione degli incendi boschivi?

Le attività che vengono portate avanti (non dallo Sportello di Agroecologia perché esso ha solo compito divulgativo) sulla prevenzione degli incendi boschivi sono rimandate agli enti pubblici quindi in questo caso dal Comune di Calci (Comune capofila per il Monte Pisano), Servizio di Forestazione regionale che attualmente per il Monte Pisano dal punto di vista burocratico i fondi passano attraverso i comuni dell’alta Val di Cecina (una cosa anomala perché sono distanze enormi, e amministrazioni completamente diverse e quindi questo è un punto di rischio ulteriore per il territorio). Quindi le attività vengono svolte da istituzioni, cioè un gruppo di operai forestali che durante il periodo estive operano insieme (sia quelli diretti dal Comune di Calci che diretti dall’unione dei comuni) nella vigilanza, prevenzione diretta, sia nelle opere di prevenzione che vengono fatte durante il periodo invernale. Qui sul Monte Pisano abbiamo 25 invasi per gli elicotteri e quindi vanno mantenuti efficienti. È l’area a maggior concentrazione di depositi di acqua in vasi proprio per l’alta velocità di espansione degli incendi che il Monte Pisano ha sempre avuto data la sua vicinanza al mare e la presenza sempre di venti sia occidentali che settentrionali praticamente il Monte Pisano è come se fosse un’isola al centro di una grande pianura e come tutte le isole è soggetto all’azione di tutti venti. Quindi noi abbiamo l’esigenza di interrompere immediatamente quando abbiamo il rischio di incendio. Se l’incendio supera un certo livello dopo 10-15 minuti secondo le condizioni metereologiche l’incendio è imprendibile e questo lo ha dimostrato. In più vengono mantenute circa i 70/75 km di piste forestali efficienti in modo da poter arrivare in tempo brevissimi sull’evento, oppure quando l’evento si è sviluppato per portare via e mettere in sicurezza gli operatori. Quando interveniamo in un solo incendio con un certo sviluppo, la prima cosa da fare è capire dove si può fuggire. Perché l’incendio è sempre più forte di noi. Quindi dobbiamo capire in anticipo dove possiamo andarci a collocare e dove eventualmente l’incendio potrebbe girare, dove poter fuggire. Questa è una cosa essenziale (purtroppo il Monte Pisano ha avuto i suoi morti sull’incendio e quello noi non lo vogliamo più, 1972 sono morti 2 operatori all’interno di un incendio. A quell’epoca di strade forestali ce n’erano poche anche se la violenza dell’incendio era minore, ed anche il combustibile era minore perché i monti erano più frequentati e più vissuti). Quindi le opere principali che vengono fatte son queste, quello che manca è una prevenzione giornaliera delle popolazioni perché le popolazioni non vivono più di agricoltura olistica ed è scomparso completamente il pascolo. Queste due variazioni sociali e del territorio erano quelle che garantivano una certa sicurezza del territorio che oggi non abbiamo più. Oggi come amministrazione pubblica cura compatibilmente con i fondi a disposizione solo ed esclusivamente le opere di intervento

– Quali sono i limiti che riscontrate voi quando fate questo tipo di attività?

Il tipo di limite per ora è l’impossibilità di veder ritornare ad essere produttivo un territorio come quello del Monte Pisano. Queste nostra possibilità ci preoccupa perché abbiamo solo ed esclusivamente la possibilità di mantenere come dicevo prima come strutture di intervento e non la struttura che dovrebbe garantire la sicurezza del territorio e questo passerebbe, dal mio punto di vista, al ritorno dell’utilizzo giornaliero di questo ambiente compreso il ritorno del pascolo perché altrimenti il fattore umano da sé soltanto e gli interventi pubblici nel settore non saranno sufficienti.

Come mai fate queste attività? Quanto è importante il bosco per voi?

Le attività le facciamo per mantenere vivo il metodo di come questo territorio va gestito. Si è già interrotto la conoscenza di come questo territorio può essere salvate. Quindi è necessario tramandare le conoscenze di come possiamo gestire questo ambiente. Non esistono altri sistemi. Non possiamo entrare con le macchine perché è un territorio che impedisce di poter lavorare con sistemi moderni. Quindi sono necessari qualora si riuscisse a tornare anche in parte con dei metodi tradizionali senza gestire questo ambiente senz’altro si migliorerebbe la qualità e diminuirebbe il pericolo dello sviluppo degli incendi. Dopo l’abbandono che c’è stato dalle tradizionali popolazioni del Monte Pisano a favore di persone che sono venute dalla pianura. Quassù non ci dimentichiamo che tantissimi degli incendi colposi (per mancanza di conoscenza dell’uso del fuoco) sono stati disastrosi (quello del 2018 è presumibilmente doloso). Il 90% degli incendi del Monte Pisano avvengono per motivazioni colpose, perché le persone che vivono nel territorio non hanno la conoscenza di come si può gestire il fuoco. L’uso del fuoco nella tradizione agricola di questi luoghi è sempre stato utilizzato, anzi la ripulitura degli oliveti quando ero ragazzo la facevamo utilizzando il fuoco. Si mantenevano puliti gli oliveti in attesa della raccolta bruciando quello che noi chiamiamo paleo (cioè l’erba che cresce all’inizio della primavera e d’estate secca completamente) che impedirebbe di raccogliere le olive. Tutti gli agricoltori del Monte Pisano facevano questa operazione nella sicurezza più totale. Oggi qualcuno che tenta di distruggere le potature o la ripulitura del terreno con questo metodo (anche se è proibito ora) mette a rischio l’intero territorio perché incendi che partono oggi dal Comune ne gira 5 o 6. La quantità di combustibile a disposizione e la continuità boschiva è talmente fitta che non ci sono più aree spezzate all’interno quindi un incendio inevitabilmente copre superfici enormi.

– Perché è importante il bosco per voi?

Il bosco non è importante per lo Sportello. Il bosco è importante per tutta la popolazione e non solo, ma di tutta l’intera rete di città che ruotano attorno a quest’”isola” (Pisa, Lucca, Pontedera, Livorno). Io lo considererei un parco urbano. Dà ossigeno, dà acqua ad intere popolazioni. Non è importante per lo Sportello ma lo Sportello riconosce che questo territorio è importante per una vasta popolazione che ci ruota intorno.

Giulia Biagi
Domande introduttive

– Come progettate queste attività?

Noi dello Sportello abbiamo dei gruppi di lavoro. Il gruppo di lavoro più importante che si chiama “Seminiamo i saperi”. Emilio è uno dei coordinatori di questo gruppo che prepara. Facciamo la plenaria nella quale si indicano le linee principali dove tutti i soci partecipano e poi abbiamo questi due gruppi di lavoro. I gruppi di lavoro più importanti sono tre: Seminiamo i saperi che ha il compito principale nello Sportello, nel quale noi facciamo dei programmi per dei interventi che sono utili sia in area boschiva che agricola sia ai problemi che ruotano intorno a questi ambienti sui monti Pisani. L’altro gruppo è gruppo Parco, sul parco ci saranno degli esperti nel secondo intervento che voi andrete poi a fare con altri componenti dello Sportello che segue le attività di quel territorio che noi abbiamo avuto in concessione gratuita per 10 anni dal proprietario in cui noi li dobbiamo dimostrare anche come va coltivato un terreno. Lo Sportello è organizzato in questa maniera, cioè semina i saperi, dimostra come mantenere vivo un territorio proprio per mantenere viva questa conoscenza specifica per mantenere viva questa conoscenza specifica per mantenere più efficiente e più sicuro questo ambiente.

– Quali sono le collaborazioni che avete attivato per svolgere questa attività?

Non solo abbiamo persone comuni che vivono il territorio che portano i loro problema e ci sottopongono oppure ci portano le loro esperienze e ne discutiamo in questi seminari ma, noi abbiamo contatti e collaborazioni con il museo di storia naturale di Calci. Quindi sono rapporti importantissimi anche con il mondo didattico, questo è il rapporto più importante dal punto di vista didattico. Poi all’interno del nostro Sportello fa parte anche l’Ente pubblico, il Comune. Io ero rappresentante all’epoca anche del Comune di Calci e poi sono rimasto come socio ed esperto del territorio. All’interno dello Sportello questo è una continuazione di quello che facevo prima. Però anche l’ente pubblico fa parte di questa organizzazione. Noi ci vogliamo occupare specificatamente di questo ambiente, tutto a carattere di volontariato.

– Quali sono le criticità e bisogni di varia natura che emergono dal tipo di attività che fate (formativi, economici, tecnici e sociali)?

Economicamente partecipiamo a tutti quei bandi locali che ci sono per sopravvivere e quindi non abbiamo un’organizzazione tale che noi ci permette di fare questo lavoro a livello di volontariato, chiaramente ci sono dei momenti delle attività a livello di volontariato in cui siamo più attivi e momenti in cui siamo più in difficoltà. A parte io che sono in pensione che posso dedicare fino ad un certo punto la mia conoscenza a questo ma ci sono tantissime persone che lavorano. Quindi le difficoltà sono quelle di trovarci delle ore che sono compatibili con tutti. Come tutte le associazioni di volontariato così libere sono così organizzate con una struttura burocratica. Quindi le difficoltà nostre sono queste. Sul fatto delle conoscenze o della professionalità mi sembra che non ci siano difficoltà perché abbiamo esperti in molti settori sia agricoli che forestali dal semplice operatore allo studioso o a chi lo fa di professione. Il punto di forza è la passione da parte di tutti i nostri componenti, nonostante il periodo del lockdown forse è stato anche quello che ci ha unito. Non ci dimentichiamo che noi abbiamo inaugurato lo Sportello di Agroecologia il giorno prima che scoppiasse il grande incendio nel 2018. Badate bene abbiamo fatto le prime due giornate sul territorio i due giorni antecedenti e ci siamo trovati immediatamente con “una patata bollente in mano” l’ente pubblico ci ha detto io non ce la faccio. Noi abbiamo organizzato il giorno dopo immediatamente il giorno dopo tutte le squadre di volontariato da Pisa, da Livorno….da tutta la parte di pianura oltre a quelle che avevamo sul territorio. Ci siamo organizzati ed abbiamo iniziato dopo tre giorni dall’evento a ripulire tutta la parte idraulica del territorio di Calci. Abbiamo messo in campo la nostra esperienza (fatta anche direttamente sul campo) e in quel momento c’erano gli esperti del territorio che hanno consentito quantomeno di fare e di coordinare gli interventi con 500/600 persone che sono venuti volontariamente a dare il proprio contributo in questo territorio. Questo forse è stato il primo impulso che ci ha fatto veramente dire ma noi abbiamo fatto qualcosa di utile e dobbiamo continuare a fare qualcosa di utile. Non solo, nel curare la ferita ma anche prevenire la ferita, e questo è il compito principale che noi abbiamo in questo territorio. La rapidità di azione è stato quello che forse ci ha fatto crescere e poi anche quell’anno di difficoltà del 2020 nel quale era impossibile andare sul territorio a fare gli interventi, ci siamo concentrati sui seminari online stimolando le persone che erano interessate e ora spero di avere la possibilità di ritornare in campo anche con le dimostrazioni di come si deve mantenere un territorio perché non c’è nulla di meglio di mostrare in situ quello che si deve fare. Per lì si deve chiaramente capire come funziona ed io ho sempre detto a tutte le persone nelle quali indicavo quali erano le pratiche migliori soprattutto nel settore idraulico forestale, ho sempre sostenuto, quando piove prendetevi un bello ombrello e uscite da casa. perché è fuori che come vedete l’acqua va a regimare e soprattutto nelle aree dove sono passati gli incendi. Lì vedete chiaramente come si comporta la pioggia sui terreni nudi, e quali sono le opere che devono essere comunque mantenute sempre efficienti.

Daniele Celestini
Risorse dedicate alla gestione del bosco

– Che tipo di risorse impiegate (finanziamenti/risorse umane) per le vostre attività? (Questa domanda riassume anche le tre successive: Come reperire le risorse economiche per le attività che ha descritto? Quante risorse umane impiegate? Che tipologia di impiego hanno le risorse umane coinvolte?)

Noi come Sportello niente, non siamo operativi in quel settore, non siamo un’associazione operativa, ma siamo interamente volontari; abbiamo solo il compito di seminare il sapere e di dimostrare come si fa, mentre in quel settore interviene l’ente pubblico. Vi posso però dire come vengono finanziate le opere degli antincendi boschivi da parte della regione, che è l’ente competente della parte forestale: dalla mia esperienza in questo settore, negli ultimi 10 anni le risorse impiegate si sono dimezzate se non ancora meno, e a fronte di una tremenda variazione climatica in atto, di un aumento di combustibile nel bosco e all’abbandono totale o quasi dei terreni privati boschivi, c’è stata una diminuzioni di finanziamenti verso gli enti competenti sul territorio. Oggi non viene più fatta quindi una gestione totale del territorio ma solo puntuale: quando abbiamo esaurito i fondi per la manutenzione dei 25 laghetti e una parte dei 75 km di piste forestali… il resto è stato equivalente a 0. Uscendo dal campo tecnico, secondo me c’è stata una miopia amministrativa da parte di certi organi nei confronti del territorio. La regione Toscana era la prima a livello italiano nel settore forestazione e antincendi boschivi e si è ritrovata dopo 10 anni ad un livello uguale se non inferiore alle altre; è chiaro che la crisi l’hanno pagata tutti i settori, ma nel campo ambientale e della forestazione questi danni economici si pagano per decenni: le ferite apportate oggi a questo territorio le pagheranno anche le generazioni future e questo dovrebbe far pensare. Dobbiamo quindi analizzare gli errori fatti anche sotto un punto di vista tecnico, in 40 anni ne ho visti di errori, che magari ho valutato dopo, in quanto all’epoca sembravano buoni investimenti, poi ci siamo accorti che forse era meglio operare in un’altra maniera. Quando un territorio viene abbandonato, basta un incendio per comprometterlo, e queste conseguenze le vedranno i nostri nipoti, neanche i figli, perché quando si parla di ambiente si parla come minimo dai 50 anni in su. In passato abbiamo rimboschito anche tanti prati-pascoli, solo perché erano considerati terreni nudi: questi terreni, però, un po’ “spezzavano” anche gli incendi e dal punto di vista naturalistico il prato pascolo non è un ecosistema degenerato, ma qualcosa di vivo, e adesso in quelle zone abbiamo aumentato il carico di combustibile, senza gli animali o l’uomo che lo utilizzano… Ci siamo quindi “buttati un carico di benzina addosso”. Dall’anno in cui sono entrato io a lavoro, 1978, fino all’81-82, mettevamo a dimora circa 80.000 piante l’anno, ma ci siamo accorti poi che tali piante non davano grandi risultati, in quanto la vegetazione naturale del Monte Pisano cresceva velocemente: secondo me quindi le spese per rimboschimenti si possono evitare, mantenendo le stesse spese per la prevenzione, perché il bosco si rigenera da sé. L’importante dopo un incendio è quindi prevenire l’erosione.

– Quanto tempo dedicate a queste attività?

Noi ci sentiamo quasi giornalmente, anche solo per un saluto, però scambiamo delle idee, e questa è una cosa importante; Siamo un gruppo appassionato del territorio, però ci sono dei periodi, come quest’estate, dove è stato impossibile, anche per chi si occupava del parco, andare sul posto per confrontarci o fare dei piccoli lavori perché il clima non lo consentiva. Abbiamo dei gruppi WhatsApp, “seminiamo saperi” e “gruppo parco” sono quelli più attivi, però per intervenire su eventi importanti ci dobbiamo organizzare, tramite le varie disponibilità degli altri. Deve essere qualcosa di piacevole e finché lo è riusciamo anche ad essere utili.

Giulia Biagi
Conclusione

– Conoscete altre organizzazioni che lavorano per la prevenzione sul territorio?

Non so se voi avete già preso contatti con il GVA di Calci (Gruppo Volontari Antincendio), il presidente è Delle Sedie Federico; anche loro fanno parte dello Sportello ma sono più che altro operativi, hanno convenzioni con il Comune e con la Regione e svolgono attività di prevenzione e soprattutto repressione dell’incendio. Se non ci fossero queste organizzazioni di volontariato si andrebbe poco lontano, dato che rimangono solo quattro unità antincendio sul Monte Pisano. Fortunatamente abbiamo questi gruppi presenti in tutti i comuni, personalmente conosco meglio quello di Calci, nato nel 1988. Loro lavorano, fanno il presidio antincendio e fino al 15 settembre sono attivi.