IL RUOLO DEI RUMINANTI NELLA MITIGAZIONE DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO *il buono e il cattivo

Un breve confronto tra la produzione dei gas serra nell’industria e nell’agricoltura, e tra l’allevamento intensivo e quello di pascolo alimentato ad erba, permette di chiarire quali siano le strategie anti-riscaldamento globale da preferire.

I ricercatori stimano che le emissioni del bestiame rappresentino circa il 14% delle emissioni globali di gas ad effetto serra dovute all’uomo. Mentre le emissioni di gas a effetto serra dell’industria e dei trasporti sono causate dalla combustione dei combustibili fossili, le emissioni effetto serra dell’agricoltura, compreso l’allevamento, sono prevalentemente sotto forma di metano e protossido di azoto biogenici. Il metano dei ruminanti non è lo stesso gas ad effetto serra di quelli prodotti da carbone e petrolio. Quando bruciamo carbone aggiungiamo CO2 all’atmosfera e questa CO2 dura per centinaia di anni e quindi si aggiunge alla riserva di CO2 già presente nell’atmosfera. Il metano è diverso, quando un animale, attraverso la digestione emette metano, questo non si aggiunge necessariamente alla riserva atmosferica di metano perché quest’ultimo non resta molto nell’atmosfera. Nel giro di un decennio viene convertito in CO2 ed usato direttamente dalla fotosintesi per far crescere nuova erba e questo processo si ripete continuamente. Invece il 100% dell’emissione dell’industria e dei trasporti aggiunge all’atmosfera un CO2 nuovo che era stato immagazzinato nel sottosuolo per milioni di anni. Concettualmente possiamo pensare alla riserva di CO2 come ad una vasca piena d’acqua. La vasca è l’atmosfera, l’acqua è il CO2 atmosferico, l’afflusso del rubinetto sono le emissioni di CO2 e il suo scarico è la limitata capacità naturale di rimuovere il CO2 dall’atmosfera. Prima della Rivoluzione Industriale l’afflusso equivaleva al deflusso ed il livello dell’acqua era stabile come la concentrazione di CO2 atmosferico. La rivoluzione industriale ha rovesciato l’equilibrio aumentando l’afflusso quindi aumentando i livelli di CO2 atmosferico, cosa che ha portato all’attuale riscaldamento della terra. Per stabilizzare il CO2 dell’atmosfera dobbiamo chiudere il rubinetto, il che richiederebbe una rapida transizione alle energie rinnovabili ed una riduzione del consumo di energia. Come abbiamo accennato, il metano dei ruminanti un’altra cosa perché il metano torna rapidamente nel ciclo sotto forma di CO2 per le piante. Possiamo quindi considerare che il deflusso dell’acqua è uguale all’afflusso: ciò che entra torna subito fuori. Questo continuerà ad essere così a condizione di non aggiungere nuovi ruminanti nei prossimi anni.

Qui abbiamo un esempio dell’evoluzione delle emissioni di metano da Ovini e Caprini in Europa dal 1990. Si vede chiaramente una riduzione media di circa il 3% delle emissioni all’anno. Un nuovo sistema di misurazione dell’università di Oxford, che collega le emissioni al riscaldamento globale, rende evidente che le pecore e le capre in Europa non hanno causato ulteriore riscaldamento in atmosfera. Siamo in grado di rendere l’effetto del riscaldamento dovuto a pecore capre in Europa mantenendo costanti le emissioni di metano da ora in poi. La riduzione del metano emesso dalle pecore, ad esempio del 1% annuo fino al 2050, produrrebbe un effetto di raffreddamento ancora più rapido. Questo effetto è contrastato dalla CO2 prodotta dai combustibili fossili, e simili riduzioni delle emissioni causerebbero comunque complessivamente ancora grandi effetti di riscaldamento.

Non si tratta solo di carbonio. Il terzo fattore più importante per il riscaldamento globale è il protossido di azoto che ha una durata di 100 anni. Una tonnellata di protossido di azoto è considerata equivalente a 265 tonnellate di CO2 . Secondo l’ultimo rapporto del IPCC sui cambiamenti climatici sulla terra, il bestiame dai Pascoli sarebbe responsabile di oltre la metà delle emissioni totali di protossido di azoto provenienti dall’agricoltura, però questo ed altri precedenti dati di protossido d’azoto derivante dal pascolo e dalla gestione del letame, potrebbero essere stati sovrastimati se sono stati usati i fattori di emissione standard delle linee guida dell’inventario IPCC del 2006. Il perfezionamento più recente su queste linee guida dell’inventario IPCC dimostra che i dati relativi all’emissione di protossido di azoto dovuta al pascolo e alla gestione del letame sono al massimo la metà di quanto calcolato precedentemente.

Un’ultima osservazione. Attualmente molte persone sostengono che ridurre il bestiame ruminante sarebbe un modo per far fronte al riscaldamento globale. Il bestiame ruminante alimentato ad erba attualmente vive su praterie ricche di biodiversità ma emette grandi quantità di metano, di fatto, più si nutrono di fibre d’erba, più metano producono. D’altra parte però questo tipo di allevamento utilizza pochissimi combustibili fossili. In realtà il bestiame allevato ad erba occupa lo spazio e mangia come fecero in passato i mammiferi selvatici, cioè, occupano la stessa nicchia ecologica e digeriscono la cellulosa prodotta nelle preterie. Se togliessimo questi ruminanti allevati in maniera estensiva, verrebbero sostituiti da altri erbivori selvatici che produrrebbero simili quantità di metano, come già accaduto in passato. Quindi si dovrebbero coltivare delle piante per nutrire il bestiame per compensare la perdita dei sistemi di Pascolo. Il bestiame in questi allevamenti alimentati da mangimi produrrebbe meno metano però per questo tipo di allevamento si avrà bisogno di utilizzare più del doppio dei combustibili fossili e si duplicheranno le emissioni di protossido di azoto per via dell’elevata utilizzazione di fertilizzanti e per la densità del bestiame. Tutto questo causerebbe una trasformazione del paesaggio ed una notevole perdita di biodiversità. La riduzione del metano con il conseguente aumento di uso di combustibili fossili avrebbero uno scarso effetto a breve termine e peggiorerebbe significativamente la situazione per le generazioni future. L’umanità deve quindi puntare su una riduzione dell’uso di combustibili fossili e sulla produzione di alimenti a basso consumo di carburante.