PRIMO CONVEGNO DI AGROECOLOGIA 22-23 Settembre 2018. Resoconto.

SPORTELLO DI AGROECOLOGIA
InformAzioni per la cura dell’ambiente e del Monte

 Relazione sulle attività agricole storiche del Monte Pisano

La conoscenza di come ha funzionato questo territorio per secoli, è indispensabile per non compromettere definitivamente le sue potenzialità ecologiche.

La mia indagine scaturisce dalla conoscenza personale di vita in una unità poderale mezzadrile durata fino al 1975. Ho vissuto la transizione dalla vita rurale, scandita dai ritmi quotidiani della natura, alla necessità di dovermi obbligatoriamente adeguare alla vita urbana dettata dalle sole esigenze economiche ma che spesso contrastano con le nostre origini.

Per questa relazione ho preso a base gli anni 50 del 900 quando, su questo territorio, l’impianto socio economico rispecchiava ancora i modelli di vita rurale imperniata interamente nell’azienda e che da essa ne ricavava la sopravvivenza.

Ho preso a base il contesto rurale calcesano, che rispecchia un po’ tutto il Monte Pisano, analizzando una fattoria tipo e tre unità mezzadrili con piccole variabili soprattutto in merito ai greggi, mentre le attività quotidiane e la struttura aziendale sono identiche.

La prima unità poderale, mezzadro Umberto Casella, illustra anche la composizione di una fattoria tipo. Se pur con meno territorio olivato l’unità poderale mezzadrile deteneva in proprietà un piccolo gregge per l’integrazione di reddito.

La seconda, mezzadro Sandroni Severo ha una buona superficie olivata, ma non possiede gregge.

La terza, mezzadro Gino Franceschi, ha una buona superficie olivata ed un piccolo gregge a mezzadria.

Nelle illustrazioni allegate sono visibili le composizioni sul terreno riprese da una foto aerea del 1954.

Spero in queste mie poche memorie di dare l’idea di come funzionava il nostro tessuto rurale poiché per ricostruire interamente ogni particolare sarebbe necessaria una nuova vita. Ho fatto un sunto di quelle che erano le attività principali giornaliere e dell’arco dell’anno cercando di illustrarne alcuni particolari che ho ritenuto siano necessari, sia per l’aspetto professionale agricolo, ma soprattutto per l’aspetto sociale che,pur nella povertà, consentiva di tenere insieme una collettività che provvedeva a mantenere stabile il l’intero sistema territoriale.

Calci Agosto 2018 FABIO CASELLA

ATTIVITA’ PRINCIPALI DELL’UNITA’ PODERALE MEZZADRILE

Riferimento anno 1954

Attività Giornaliere

ALLEVAMENTI:

               Conigli:  alimentazione-pulitura conigliere ecc

               Pecore:alimentazione  rinnovo giornaliero lettiera ecc

               Maiale: alimentazione pulitura castro ecc

               Galline:  alimentazione pulitura pollaio ecc

Attività settimanali

PANIFICAZIONE:    …………………………………………………………………………

Attività Stagionali

PRIMAVERA:

  1. Potatura olivi a partire da marzo (1)
  2. concimazione con letame (2)
  3. preparazione dell’orto (3)

ESTATE :

  • Pulitura oliveti (4)
  • ortaggi (5)
  • Manutenzione territorio (6)

AUTUNNO:

  • Vendemmia (7)
  • Castagne (8)
  • Raccolta olive (9)

INVERNO

  • Raccolta olive (9)
  • vigna potatura ecc (10)

Attività giornaliere 

                 ALLEVAMENTI

CONIGLI

prevalente uso familiare

vendita delle eccedenze per acquisto mangimi non prodotti in azienda

Tipologia di allevamento

In gabbie di legno prodotte artigianalmente direttamente dal Mezzadro (fattrici e riproduttori)

Allo stato brado nei vari comparti della stalla (svezzamento e ingrasso)

Pulitura delle conigliere prevalentemente  settimanale

Mangimi

– acquistati: Avena – orzo – crusca (al mattino) e principalmente alle fattrici

-Prodotti in azienda:  potature di acacie-ginestrone – ginestre (alla sera) soprattutto per l’ingrasso

forbici per la tosa

 PECORE

Razza prevalente: Massese per l’ottima produzione di latte.

 

 

Tipologia di allevamento:

Di proprietà esclusiva del Mezzadro Agricoltore – pastore

Greggi da almeno 50 capi utilizzo per produzione di reddito vendita di latticini e carni – di servizio all’azienda per produzione di letame e pascolo in aree agricole- spesso anche per i terreni dei confinanti privi di greggi.

A mezzadria

Tassello e sonagliera, ricordo del gregge di Fabio Casella

Greggi di circa 25-30 capi per consumo familiare di latticini e carne compresa la quota per la fattoria – vendita delle eccedenze per l’acquisto di mangimi – di servizio all’azienda per produzione di letame e pascolo aree agricole.

 

 

A transumansa 

“Questo era del fratello di mio nonno morto nella guerra 15-18” (Fabio Casella)

 

Greggi provenienti durante il periodo invernale dalla Garfagnana o Apuane che pascolavano su terreni agricoli dei mezzadri privi di gregge e stazionavano nelle locali stalle. Il mezzadro provvedeva alla lettiera, curava la stalla ottenendo  produzione di letame. Il pastore in cambio del  pascolo e dell’ospitalità, spesso alloggiava in un’unica stanza adiacente alla stalla o in magazzini di fattoria, forniva prodotti della trasformazione del latte e agnelli da carne. 

“Spigola” per l’uccisione del maiale. Fortunatamente questi sistemi poco rispettosi della sofferenza animale non sono più utilizzati.

MAIALI

Quasi tutti i mezzadri possedevano un maiale per uso familiare alcuni raramente ne detenevano più di un capo per la vendita. L’esiguità del n° di questi animali posseduti era dovuto alla scarsità di cibo disponibile in quanto questo territorio non produceva granaglie, che interamente dovevano essere acquistate. (Tritello, crusca, granturco)  Un integrazione alle stesse proveniva da ghiande e castagne, se presenti nel bosco di competenza, e dai fichi caduti in settembre che si trovavano in abbondanza nei poderi olivati. La tradizione voleva che il maiale fosse acquistato alla “Fiera” di Sant’Ermolao il lunedì successivo alla prima domenica di Agosto e “Insaccato” a gennaio o febbraio. La pulitura del castro avveniva giornalmente e si utilizzavano gli escrementi per la concimazione degli olivi, dell’orto o della vigna.

GALLINE

 prevalente uso familiare di uova e carne

Rara vendita delle eccedenze e uova per acquisto mangimi non prodotti in azienda

Tipologia di allevamento

In “Pollai per lo più aperti ” spesso con ricovero notturno sopra i forni o adiacenti ai castri del maiale. Di giorno razzolavano liberi negli oliveti di competenza. Raramente venivano acquistati i pulcini: la riproduzione avveniva per cova da una varietà specifica di gallina detta “Nana” per la piccola mole che la caratterizzava,  ma con un’alta proprenzione alla cova e allevamento della prole.   

Pulitura dei ricoveri notturni prevalentemente  quindicinale o mensile. Utilizzo della “pollina” ricca di azoto per la concimazione dei prodotti dell’orto previo ammollo per almeno una settimana in acqua.

Mangimi

-Prodotti in azienda: Il libero pascololamento del pollame  nei terreni  riduceva un po  la quantità di granaglie da acquistare comunque  indispensabili  in quanto terreni poveri per l’autosufficienza.

– acquistati: Granoturco – avena – orzo – crusca (al mattino) prima del pascolamento.


Attività settimanale

PANIFICAZIONE

Ogni abitazione mezzadrile era dotata del suo forno a legna per la panificazione. Alcuni fabbricati che ospitavano più famiglie mezzadrili spesso avevano un solo forno che veniva utilizzato a turno.

Le tre unità poderali prese a base della descrizione possedevano  ognuna il proprio forno che poteva essere ubicato a all’interno dell’abitazione, adiacente al focolare per utilizzare la stessa canna fumaria o all’esterno come appendice del fabbricato.  Realizzato in mattoni refrattari, adatti a mantenere il calore per la cottura più a lungo,  venivano riscaldarti con i residui delle potature delle vigne o degli olivi  appositamente “affasciati” in misura tale da poterli inserire direttamente legati all’interno del forno attraverso la bocca.  Una volta riscaldato il forno veniva spazzato attraverso un attrezzo chiamato “Scatizzolo” fatto di un lungo bastone con legato ad una estremità tipo scopa un ciuffo di ortica o sanbuco. (Essenze naturali che non lasciavano odori sgradevoli al pane che vi veniva cotto)

Una volta alla settimana

Il pane veniva lavorato con il lievito che di volta in volta la massaia manteneva per la panificazione successiva. L’operazione si svolgeva all’interno di un mobile chiamato “Màdia” e successivamente posizionato a lievitare sopra a una tavola rettangolare coperto con un apposito telo. Una volta accertata la giusta lievitazione della pasta e verificata “La Bronza” del forno il pane veniva immesso nel  forno per la cottura.

Durante il periodi dei fichi una volta tolto il pane, con il forno ancora leggermente caldo, si inserivano sopra ad un attrezzo chiamato “seccaiola” i frutti  raccolti per la scorta di fichi secchi per l’inverno. Conservati dentro un “Corbello” di piccole dimensioni detto “Zambrino” con zucchero di Vaniglia e foglie di alloro.


Attività stagionali – Primavera 

POTATURE OLIVI

Finita la raccolta, quasi sempre a marzo inoltrato, si iniziavano le operazioni di potatura che avveniva a rotazione circa triennale sulle varie  porzioni del podere. La tecnica più usata era quella a vaso lasciando le piante molto alte tant’è che sia per la potatura sia per la raccolta era necessaria una lunga scala a pioli di legno di castagno.(non erano rare le cadute anche con gravi conseguenze). Il materiale di resulta della potatura , una volta accantonato quello necessario per il riscaldamento del forno, veniva bruciato sul posto in apposite piazzole dove gli olivi erano più distanti tra loro. Questa operazione era principalmente svolta in giornate umide o piovigginose. Le parti legnoso più consistenti detti “Battuli” venivano accantonati in prossimità dell’abitazione per legna da ardere nel camino. (Unica fonte di riscaldamento e per la cottura dei cibi).

CONCIMAZIONE CON LETAME

Gaglione

La concimazione degli oliveti era effettuata con il letame prodotto dai greggi. Questo prodotto derivava dalla “lettiera” ( prodotto vivo del sottobosco e necromassa ) che giornalmente veniva stesa nelle stalle e ogni 15 gg circa tolto e  accumulato nelle adiacenze a “ maturare”. Il letame veniva distribuito intorno alle piante di olivo previa “Scalzatura” effettuata con vanga fino a circa 25-30 cm di profondità e ricoperto in due fasi, una nell’immediato dopo la stesura detta “mezzaterra”  e uno definitivo dopo circa due mesi ad assestamento avvenuto. Prima di procedere alla stesura del letame i tronchi degli olivi venivano ripuliti dai licheni con un attrezzo chiamato “Raschino” ed effettuata la “Slupatura” qualora ci fosse la necessità di rimuovere alcune parti legnose che avessero presentato delle marciture, questa operazione veniva svolta con un attrezzo detto “Gaglione” caratterizzato da un lato a sgobbia ed uno a piccola scure.

PREPARAZIONE DELL’ORTO

In primavera veniva iniziata la vangatura degli orti principalmente consociati alle vigne o a singoli filari di viti in modo da razionalizzare sia il lavoro sia la concimazione che principalmente avveniva con il letame proveniente dall’allevamento dei conigli e dei polli. Questo per la consistenza più fine poiché non era costituito da lettiera di bosco ma da fieno detto “Paleo” tagliato negli olivi durante la pulitura annuale e raccolto in “Pagliai”. In questo periodo si mettevano a dimora principalmente  le piantine per la produzione stagionale preventivamente fatte germinare in semenzaio. Le più precoci in prossimità dei letamai dove il calore prodotto dalla maturazione del letame faceva sviluppare più in fretta le sementi.


Attività stagionali – Estate

 PULITURA OLIVETI

Per ripulitura degli oliveti si intende il taglio e/o l’abbruciamento del “Palèo” erba secca cresciuta durante la primavera che renderebbe, se non tagliata, impossibile la raccolta autunnale e invernale delle olive, dato che queste venivano raccolte esclusivamente a mano.

Il materiale di resulta che veniva tagliato a mano sulla parte piana dei  terrazzamenti “Lenze” con l’ausilio della “Frullana” a lavoro concluso serviva  per la costruzione dei “Pagliai” che costituivano una  riserva di fieno povero per i giacigli dei conigli. Una volta trasformato in letame serviva per concimare l’orto.

Le scarpate o muri  tra una lenza e l’altra dette ripe una volta ripulite le lenze venivano trattate con il fuoco e rese libere dalla vegetazione ( L’uso del fuoco era una pratica consolidata tra gli agricoltori che sapevano perfettamente come usarlo senza che questi costituisse pericolo). Questa attività  consentiva di difendere anche gli olivati da eventuali incendi boschivi che avessero lambito i poderi in quanto facevano venire meno il combustibile per il fuoco. (Questa tecnica oggi chiamata “fuoco prescritto” è stata recentemente riscoperta per prevenire gli incendi di bosco bruciando nei periodi a basso rischio aree forestali  strategiche  per spezzare aree boschive altamente soggette al fuoco).

La tradizione voleva che la ripulitura degli oliveti  fosse terminata giusto per la “Fiera” di Sant’Ermolao, che a Calci si tiene il lunedì successivo alla prima domenica di Agosto, poiché climaticamente nel periodo di Ferragosto iniziavano i primi temporali che rendevano difficoltoso l’uso del fuoco di ripulitura.

ORTAGGI

L’orto principalmente era realizzato in consociazione con le viti  ed essenzialmente nelle parti scoperte dai pergolati. Venivano coltivati princoipalmente i pomodori, i fagioli, i cavoli, le rape (talvolta seminate anche negli olivi concimati nella primavera , sopra  la seconda terra) oltre le piante officinali salvia rosmarino timo ecc e i cosiddetti “odori” prezzemolo sedano carota cipolla aglio. In estate venivano effettuate le annaffiature quotidiane attingendo l’acqua dai torrenti per caduta attraverso piccoli canali ricavati nelle scarpate con una serie di cateratte che venivano aperte e chiuse in corrispondenza dei filari degli ortaggi. Si superavano eventuali depressioni del terreno con canali in legno ricavati dai tronchi di pino scavati con la sgobbia del “Gaglione”

MANUTENZIONE DEL TERRITORIO

In estate appena finita la ripulitura degli oliveti e realizzati i “Pagliai” si procedeva alla manutenzione annuale delle regimazione idraulica e dei terrazzamenti  a partire dalle canalette di guardia poste sopra ad ogni  terrazzamento al confine con il sovastante bosco. Tutte queste operazioni sono meglio evidenziate nel manuale elaborato dalla scuola Sant’Anna di Pisa in collaborazione con i comuni di Calci Buti e Vicopisano disponibile sul sito del Comune di Calci Sotto la voce “Gestione delle sistemazioni idraulico agrarie” http://www.comune.calci.pi.it/attachments/article/309/Gestione_delle_sistemazioni_idraulico-agrarie_Monte_Pisano.pdf. Le canalette boschive poste all’inerno dei boschi ancora più in alto venivano mantenute contesetualmente  raccolta della “Lettiera” in quanto spesso all’interno delle stesse si accumulava necromassa utile per la stesura nelle stalle. Per raccoglire  si usava un piccolo attrezzo chiamato “Rampino” che consisteva in un piccolo ramo che terminava con  due corna di circa 8-10 cm, tipo rastrello. Mentre nelle canalette poste all’interno degli oliveti si costruivano , con tralci e picchetti in legno , le  graticciate, dette “Steccaie”, atte a rallentare la corrente durante le piogge e fermare le olive cadute , che l’acqua inevitabilmente  avrebbe trasportato nei torrenti.


Attività stagionali – Autunno

VENDEMMIA

La vendemmia principalmente si svolgeva tra l’ultima settimana di settembre e la prima decade di ottobre, quando le rondini si radunavano sui fili prima della migrazione autunnale. L’esperienza dell’agricoltore nell’individuare il giusto grado di maturazione dell’uva ed i segnali metereologici, evidenziati anche proprio dal comportamento degli uccelli migratori, facevano si’ che si potesse decidere il periodo più adatto a questa pratica. Tra famiglie mezzadrili limitrofe, anche se non appartenenti alla stessa fattoria, esisteva un mutuo soccorso per questa pratica agricola e quindi nel periodo delle vendemmie i mezzadri facevano a “scambio”, oggi tutti da me domani tutti da te ecc. Questo era necessario poiché l’uva tagliata veniva trasportata a spalla dalla vigna alla cantina dentro contenitori chiamati “Tinelli” . All’epoca questi contenitori erano di legno molto pesanti e quindi c’era necessità di molti uomini per il trasporto dell’uva dalla vigna alla cantina. La “Pigiatura”era eseguita sempre a mano con un atrezzo chiamato “Pigio”prima di immettere il mosto dentro le botti per la fermentazione. Dopo una settimana si procedeva alla “svina” con la classica spremitura del mosto fermentato da cui era già stato ricavato  per caduta naturale il primo vino chiamato di “Polpa”. Dalla spremitura effettuata a forza di braccia con  torchi chiamati “Strettoie”si ricavava un vino più scadente chiamato “Strinto” che spesso richiedeva un supplemento di bollitura in botti di legno con l’aggiunta di uva appassita appositamente accantonata per questa funzione. Una parte del mosto non veniva passata al torchio ma lasciata all’interno del tino per tre giorni ancora l’aggiunta di acqua e talvolta con alcune pigne di uva testè pigiate per favorirne una nuova fermentazione che conferiva al prodotto un gusto più gradevole. Da questa operazione si ricavava un vino leggerissimo chiamato “Vinello” da bere la sera a “Veglia” con le castagne lessate chiamate “Ballotte” o cotte sulla fiamma, con l’apposita padella forata, dette comunemente “Arrostite”.  Sia la “Vendemmia” sia la “Svina” si concludevano con una cena conviviale nella casa del mezzadro tra tutti coloro che avevano partecipato alle fatiche.

CASTAGNE

Le castagne rappresentavano un prodotto di nicchia nella economia familiare ma comunque un integrazione di energia per la povera alimentazione a cui erano abituati i mezzadri di quegli anni. Non costituivano solo un alimento ma anche una forma di convivialità tra famiglie mezzadrili che durante le serate autunnali si ritrovavano alle “Veglie” dove si consumavano le “Ballotte” e le “Arrostite” bevendo “Vinello” e ascoltando le storie dei più anziani che per lo più avevano partecipato alla guerra. Non tutte le unità poderali possedevano selvi o piante singole di castagno e quindi le veglie in questo periodi si concentravano in alcune famiglie che avevano più disponibilità di prodotto. 


Attività stagionali – Autunno-Inverno

RACCOLTA OLIVE

A ottobre appena conclusa la vendemmia si cominciavano le operazioni di raccolta delle prime olive. In questa fase iniziale le donne aiutate dai bambini nel  pomeriggio dopo la scuola, iniziavano la “riscola” cioè la raccolta delle prime olive cadute spesso di bassa qualità. Comunque all’epoca non si lasciava nulla al caso poiché era una agricoltura di sopravvivenza e anche una piccola entità di prodotto era preziosa. Con l’aggiunta di altre piccole quantità di olive ricavate da alcune piante più precoci tutte le unità poderali conferivano ai frantoi aziendali un po di prodotto che serviva alla prima frangitura. Questa operazione  detta“Ungere il Frantoio” era necessaria poiché dopo mesi di inattività i frantoi soprattutto, i dischi e le buscole dei torchi, necessitavano di riassobire umidità e untuosità. Chiaramente la resa di questa prima spremitura era bassa e di qualità scadente e pertanto quest’olio veniva interamente consumato per uso familiare e non  destinato alla vendita. Il resto della raccolta avveniva a mano eseguita dalle donne dai bambini dopo la scuola e gli uomini bacchiavano le olive con fustoni di castagno detti “Pertichini”. Durante l’inverno spesso venivano dalla Garfagnana alcune donne raccoglitrici dette “Trusche” che venivano pagate in olio poiché nelle loro realtà questo prodotto mancava. La raccolta durava tutto l’inverno fino alle soglie della primavera. Chiaramente le ultime franture fornivano un’olio di bassa qualità con acidità molto alta.

POTATURA DELLE VITI

Nel tardo inverno si procedeva la potatura delle viti con la raccolta deli tralci affasciati e  accantonati per riscaldare il forno. Subito dopo la potatura si provvedeva alla legatura e alla sostituzione dei tutori dei filari e dei pergolati. La legatura avveniva con i rami dei salici molto flessibili e i tutori erano realizzati con le canne. L’impianto principale dei filari e dei pergolati erano costituiti da paleria di castagno e di acacia.


CONCLUSIONI

Tutto quanto ho evidenziato chiaramente è un forte sunto di quanto avveniva e solo chi lo ha vissuto riesce a comprendere a fondo ciò che vuol dire sopravvivere in un ambiente che ti da tutto ma che richiede tutto. È impensabile tornare a quei tempi ma soprattutto non è eticamente giusto. Oggi abbiamo strumenti tali per rendere la vita migliore senza intaccare la natura. Purtroppo nell’arco di due generazioni abbiamo parduto il senso di come questa funziona per non distruggerla quindi facciamo tesoro di quel po di buone pratiche rimaste per iniziare un percorso di sensibilizzazione per tornare alla realtà e uscire da quel mondo solo “Virtuale” nel quale ci stiamo rifugiando. Consapevole di questo rischio, l’amministrazione comunale di Calci, ha ritenuto necessario aggiornare il regolamento di“Regolamento di polizia rurale”datato 1957   che prendeva atto delle attività dell’epoca e ne dettava le regole. Oggi il nostro regolamento quindi non può solo prendere atto di quello che avviene, ma deve anche indirizzare le popolazioni verso le giuste pratiche per mantenere ancora vivo questo territorio senza distruggerlo. In particolare si è resa necessaria, motivandola,  l’indroduzione  di una regola specifica  in merito ai  tagli boschivi  in quanto  oggi sono utilizzate, per questa pratica, grandi macchine da esbosco, che compromettono la stabilità dei versanti e dell’impianto idrogeologico storico. Quindi la versione definitiva 2017, va nel senso dell’informazione sui  buoni comportamenti territoriali, pur rimanendo un regolamento che detta delle regole e delle sanzioni per chi non lo rispetta. Il regolamento è disponibile sul sito del comune di Calci alla pagina  http://www.comune.calci.pi.it/attachments/article/127/Regolamento%20di%20Polizia%20Rurale.pdf

Calci 20-agosto 2018                                                                                                     Fabio Casella